Anatocismo Bancario, da Babilonia ad oggi

Anatocismo Bancario: un termine che conoscono in pochi, tranne coloro che ne sono stati direttamente colpiti, e che ha radici molto antiche, che tradiscono una sua lunga presenza nei costumi finanziari di tante diverse civiltà. Letteralmente, in greco antico, il termine significa “ancora interessi”; l’anatocismo è infatti la pratica per cui si procede a capitalizzare periodicamente gli interessi passivi, e quindi a calcolare i successivi interessi su una quota maggiorata di capitale, o più semplicemente, il calcolo degli interessi sugli interessi.

Quando un termine è antico, spesso lo è anche il concetto a cui fa riferimento, è questo è uno di quei casi. Abbiamo traccia dei primi riferimenti all’anatocismo – per essere precisi, dei divieti – già nei codici di leggi dei Babilonesi e degli Ebrei, i quali a volerla dire tutta vietavano qualsiasi tipo di interesse sui prestiti, semplice o composto che fosse. Sappiamo che era invece una pratica comune e accettata nell’antico Egitto, così come presso i Greci e i Romani verso il 300 A.C., quando la fortissima espansione militare di Roma portò ad enormi incrementi del commercio in tutta l’area Mediterranea.

Nel medioevo, la legislazione canonica confermò invece il divieto assoluto dell’anatocismo, in tutta la vasta area d’influenza della Chiesa; gli stessi interessi semplici, la cui legittimità è oggi universalmente riconosciuta, non ricevettero una codifica e una formale accettazione giuridica nei codici dei maggiori Stati Europei fino ai primi anni del 1800. Nel 1804, tuttavia, il codice Napoleonico introdusse un’importante eccezione: l’anatocismo era ammesso, purchè avvenisse dopo la maturazione di un’annualità intera e con la stipula di convenzioni precise. Fu questa la norma che venne poi passata, pressochè senza modifiche, nel codice italiano del 1865, e nella sua versione evoluta passò nell’articolo 1823 del codice civile del 1942.

La conclusione definitiva della questione arrivò infine soltanto nel 1999. In tale anno, infatti, una sentenza della Cassazione stabilì, come è oggi universalmente accettato, l’illegittimità dell’anatocismo fino ad allora praticato dalle banche, il che diede inizio all’attuale massa di ricorsi e richieste di restituzione di capitali che da più parti vengono avanzate.